• Omelia del Vescovo Ausiliario Joseph Galea-Curmi

  • Curia Arcivescovile, Floriana
    19 giugno 2019 


    La nostra società ci invita sempre più ad “apparire”, e sempre meno ad “essere”. Sembra che il messaggio sia questo: farsi vedere, la ricerca dell’immagine a qualunque costo. Voi, che tutti lavorate nel campo della comunicazione sociale, siete in grado di capire bene questo fenomeno.

    Nel Vangelo che abbiamo appena sentito, Gesù parla chiaro: “State attenti a non praticare la vaostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli” (v. 1). Vanagloria, ostentazione, ambizione, ricerca di sé svuotano di significato le nostre buone azioni.

    Dice Gesù: “quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente” (v. 2).  Questo è un atteggiamento sbagliato che Gesù vuole correggere: “Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”  (vv. 3-4).

    L’insegnamento di Gesù sull’elemosina, la preghiera e il digiuno, ci mostra la giusta strada: non dobbiamo cercare la lode degli altri, cercare l’apparire, ma dobbiamo cercare di essere sinceri con Dio. Se vorremo essere sinceri, certo non dovremo ostentare la nostra preghiera e le nostre buone opere per mostrare agli altri quanto siamo buoni. Dio legge il nostro cuore, lo sa già. Non serve l’ammirazione neanche l’approvazione di nessuno.

    Dobbiamo promuovere ciò che è buono e proclamare le buone notizie nella vita della Chiesa. Ma se nel compiere una buona azione non abbiamo come fine la gloria di Dio e il vero bene dei  fratelli, ma miriamo piuttosto ad un ritorno di interesse personale o semplicemente di plauso, ci poniamo fuori dell’ottica evangelica.

    Su questo punto dell’interesse personale, vorrei condividere un’osservazione acuta di Papa Francesco su questo Vangelo (3 marzo 2017):“Noi prendiamo dalle nostre penitenze, dai nostri gesti di preghiera, di digiuno, di elemosina, prendiamo una tangente: la tangente della vanità, del farci vedere. E quella non è autenticità, quella è ipocrisia. Per questo quando Gesù dice: ‘Quando pregate fatelo di nascosto, quando date l’elemosina non fate suonare la tromba, quando digiunate non fate i malinconici’, è lo stesso che se dicesse: ‘Per favore quando fate un’opera buona non prendete la tangente di quest’opera buona, è soltanto per il Padre’”.

    Nella nostra società dell’immagine occorre vigilare attentamente, poiché questa tentazione è ricorrente – per noi vescovi, per il clero, e per tutti quelli che lavorano nella Chiesa.

    Preghiamo che questa consapevolezza – che tutto deve essere compiuto a gloria di Dio e non nostra – accompagni ogni nostra azione e ogni gesto di aiuto al prossimo evitando che si trasformino in mezzi per porre in evidenza noi stessi.

    Joseph Galea-Curmi
       Vescovo Ausiliare